26 ottobre 2009

Mercoledì 28 OTTOBRE 2009

IV° Mercoledì in onore di San Nicola di Mira
Continua l'impegno pastorale della Parrocchia con la catechesi mistagogica.

Celebrerà la Liturgia Eucaristica con la meditazione il Rev.do P. Emilio Cassaro, Superiore Generale della Comunità Monastica dei Servi dell'Amore Misericordioso.

24 ottobre 2009

25 OTTOBRE 2009

VI° Domenica di S. Luca – Ss. Marciano e Martirio, martiri e notari

TROPARI
Della Domenica: To fedhròn tis anastàseos kìrighma ek tu anghèlu mathùse e tu Kirìu mathìtrie, ke tin progonikìn apòfasin aporrìpsase tis Apostòlis kafchòmene èlegon: Eskìlefte o thànatos, ignèrthi Christòs o Thèos, dhorùmenos to kòsmo to mèga èleos.

Dei martiri: I màrtires su Kìrie, en ti athlìsi aftòn stefànos ekomìsanto tis aftharsìas ek su tu Theù imòn; èchontès tin ischìn su, tus tirànnus kathìlon, èthravsan ke dhemònon ta anìschira thràsi; aftòn tes ikesies, Christè o Theòs, sòson tas psichàs imòn.

Della titolare della Parrocchia: En ti ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn.

Kontàkion: O katharòtatos naòs tu Sotìros, i politìmitos pastàs ke Parthènos, to ieròn thisàvrisma tis dhòxis tu Thèu, sìmeron isàghete en to ìko Kirìu, tin chàrin sinisàgusa tin en Pnèvmati thìo: in animnùsin àngheli Theù; àfti ipàrchi skinì epurànios.

Epistola (Gal. 2,16-20):

Fratelli, sapendo che l’uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; poiché dalle opere della legge non verrà mai giustificato nessuno. Se pertanto noi che cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli altri, forse Cristo è ministro del peccato? Impossibile! Infatti se io riedifico quello che ho demolito, mi denuncio come trasgressore. In realtà mediante la legge io sono morto alla legge, per vivere per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.

Vangelo (Lc. 8,26-39):

In quel tempo Gesù andò nella regione dei Gerasèni, che sta di fronte alla Galilea. Era appena sceso a terra, quando gli venne incontro un uomo della città posseduto dai demòni. Da molto tempo non portava vestiti, né abitava in casa, ma nei sepolcri. Alla vista di Gesù gli si gettò ai piedi urlando e disse a gran voce: “Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmi!”. Gesù infatti stava ordinando allo spirito immondo di uscire da quell’uomo. Molte volte infatti s’era impossessato di lui; allora lo legavano con catene e lo custodivano in ceppi, ma egli spezzava i legami e veniva spinto dal demonio in luoghi deserti. Gesù gli domandò: “Qual è il tuo nome?”. Rispose: “Legione”, perché molti demòni erano entrati in lui. E lo supplicavano che non ordinasse loro di andarsene nell’abisso. Vi era là un numeroso branco di porci che pascolavano sul monte. Lo pregarono che concedesse loro di entrare nei porci; ed egli lo permise. I demòni uscirono dall’uomo ed entrarono nei porci e quel branco corse a gettarsi a precipizio dalla rupe nel lago e annegò. Quando videro ciò che era accaduto, i mandriani fuggirono e portarono la notizia nella città e nei villaggi. La gente uscì per vedere l’accaduto, arrivarono da Gesù e trovarono l’uomo dal quale erano usciti i demòni vestito e sano di mente, che sedeva ai piedi di Gesù; e furono presi da spavento. Quelli che erano stati spettatori riferirono come l’indemoniato era stato guarito. Allora tutta la popolazione del territorio dei Gerasèni gli chiese che si allontanasse da loro, perché avevano molta paura. Gesù, salito su una barca, tornò indietro. L’uomo dal quale erano usciti i demòni gli chiese di restare con lui, ma egli lo congedò dicendo: “Torna a casa tua e racconta quello che Dio ti ha fatto”. L’uomo se ne andò, proclamando per tutta la città quello che Gesù gli aveva fatto.

Commento al Vangelo:
Il racconto dell’indemoniato è collocato in territorio pagano: la presenza del regno non è chiusa entro i confini di Israele. L’indemoniato geraseno diventa il prototipo dei pagani liberati da Gesù. La lieta notizia della liberazione e la potenza del Signore non hanno confini. L’indemoniato è descritto come un uomo alienato e asociale, il contrassegno del dominio di satana, infatti, è l’alienazione dell’uomo, la perdita di tutte quelle relazioni che costituiscono l’essere umano nel profondo. Il contrassegno del Regno è la “ricostruzione” dell’uomo. Davanti all’uomo tornato sano di mente, la folla ha paura, scorgendo in Gesù quasi una minaccia, una presenza che disturba, perché la sua liberazione crea uomini nuovi. Rifiutato. Gesù accetta di andarsene, senza far nulla per opporvisi. È sorprendente: di fronte a Satana, Gesù lotta e vince, di fronte all’opposizione dell’uomo non oppone resistenza. Si direbbe che Egli sia insieme forte e debole: forte di fronte al male, debole di fronte alla libertà dell’uomo. Il fatto che l’ora dei pagani non sia ancora suonata spiega probabilmente il motivo per cui Gesù non vuole che l’uomo guarito lo segua. Così Gesù si allontana, ma lascia un testimone, che per tutta la regione racconta ciò che Gesù ha fatto. Gesù parte, neppure il rifiuto riesce ad arrestare il cammino della Parola.

6a SETTIMANA DI SAN LUCA

26 – L – S. Demetrio megalomartire, effusore di unguento profumato, patrono della nostra Eparchia – Memoria del terremoto del 740
2Tim. 2,1-10 Gv. 15,17-16,2

27 – M – S. Nestore martire
Col. 2,20-3,3 Lc. 11,1-10

28 – M – Ss. Terenzio e Neonilla, martiri – S. Stefano il sabaita, poeta
Col. 3,17-4,1 Lc. 11,9-13

29 – G – S. Anastasia la romana, martire – S. Abramo
Col. 4,2-9 Lc. 11,14-23

30 – V – Ss. Zenobio e Zenobia, martiri
Col. 4,10-18 Lc. 11,23-26

31 – S – Ss. Stachys, Apelle, Ampliato, Urbano, Aristobulo e Narciso, apostoli, tutti dei 70 discepoli – S. Epimaco martire
2Cor. 5,1-10a Lc. 8,16-21

20 ottobre 2009

III° MERCOLEDI' DI SAN NICOLA

21 Ottobre 2009

Alla Divina Liturgia di questo terzo mercoledì di San Nicola terrà l'omelia l'Archimandrita Marco Sirchia.

17 ottobre 2009

DOMENICA 18 OTTOBRE


III Domenica di S. Luca – S. Luca Apostolo ed Evangelista Giornata Missionaria Mondiale

Luca, evangelista e autore degli Atti degli Apostoli, è chiamato «lo scrittore della mansuetudine del Cristo». Paolo lo chiama «caro medico», compagno dei suoi viaggi missionari, confortatore della sua prigionia. Il suo vangelo, che pone in luce l’universalità della salvezza e la predilezione di Cristo verso i poveri, offre testimonianze originali come il vangelo dell’infanzia, le parabole della misericordia e annotazioni che ne riflettono la sensibilità verso i malati e i sofferenti. Nel libro degli Atti delinea la figura ideale della Chiesa, perseverante nell’insegnamento degli Apostoli, nella comunione di carità, nella frazione del pane e nelle preghiere.


Tropari:
Della Domenica: Effrenèstho ta urània, agalìastho ta epìghia, òte epiìse kràtos en vrachìoni aftù o Kìrios; epàtise to thanàto ton thànaton, protòtokos ton nekròn eghèneto; ek kilìas Adhu errìsato imàs ke parèsche to kòsmo to mèga èleos.

Dell’Apostolo: Apòstole àghie ke evanghelistà Lukà, prèsveve to eleìmoni Thèo, ìna ptesmàton àfesin paràschi tes psichès imòn.

Della titolare della Parrocchia: En ti ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn.

Kontàkion: O katharòtatos naòs tu Sotìros, i politìmitos pastàs ke Parthènos, to ieròn thisàvrisma tis dhòxis tu Thèu, sìmeron isàghete en to ìko Kirìu, tin chàrin sinisàgusa tin en Pnèvmati thìo: in animnùsin àngheli Theù; àfti ipàrchi skinì epurànios.

Epistola (Col. 4,5-18):
Fratelli, comportatevi saggiamente con quelli di fuori; approfittate di ogni occasione. Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito di sapienza, per sapere come rispondere a ciascuno. Tutto quanto mi riguarda ve lo riferirà Tìchico, il caro fratello e ministro fedele, mio compagno nel servizio del Signore, che io mando a voi, perché conosciate le nostre condizioni e perché rechi conforto ai vostri cuori. Con lui verrà anche Onèsimo, il fedele e caro fratello, che è dei vostri. Essi vi informeranno su tutte le cose di qui. Vi salutano Aristarco, mio compagno di carcere, e Marco, il cugino di Bàrnaba, riguardo al quale avete ricevuto istruzioni – se verrà da voi, fategli buona accoglienza – e Gesù, chiamato Giusto. Di quelli venuti dalla circoncisione questi soli hanno collaborato con me per il regno di Dio e mi sono stati di consolazione. Vi saluta Èpafra, servo di Cristo Gesù, che è dei vostri, il quale non cessa di lottare per voi nelle sue preghiere, perché siate saldi, perfetti e aderenti a tutti i voleri di Dio. Gli rendo testimonianza che si impegna a fondo per voi, come per quelli di Laodicèa e di Geràpoli. Vi salutano Luca, il caro medico, e Dema. Salutate i fratelli di Laodicèa e Ninfa con la comunità che si raduna nella sua casa. E quando questa lettera sarà stata letta da voi, fate che venga letta anche nella Chiesa dei Laodicesi e anche voi leggete quella inviata ai Laodicesi. Dite ad Archippo: Considera il ministero che hai ricevuto nel Signore e vedi di compierlo bene. Il saluto è di mia proprio mano, di me, Paolo. Ricordatevi delle mie catene. La grazia sia con voi.

Vangelo (Lc. 10,16-21):
Disse il Signore ai suoi Discepoli: Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato. I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome. Egli disse: Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli. In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perchè così a te è piaciuto.

Kinonikòn:
Is pàsan tin ghin exìlthen o fthòngos aftòn, ke is ta pèrata tis ikumènis ta rìmata aftòn. Allilùia.

Commento al Vangelo:
Gli inviati riferiscono al Signore il loro successo negli esorcismi. Il potere di guarigione che Dio ha dato a suo Figlio, si è dimostrato efficace in loro quando hanno invocato il nome di Gesù. Gesù esprime in modo simbolico la propria convinzione che gli esorcismi testimoniano l’impero del male crolla. E ne esporrà i motivi quando afferma che il regno di Dio sta sopraggiungendo e occupa il posto di Satana. Ormai i discepoli possono confrontarsi senza timore con le diverse manifestazioni del male, poiché esse sono sottomesse a un potere che proviene da Gesù stesso. Ma il vero motivo della gioia dei rappresentanti di Gesù non va cercato però nel loro potere sulle forze infernali, ma nel fatto che Dio ha scritto i loro nomi nel libro della vita che non avrà fine. Pieno di gioia per la venuta del regno testimoniata dagli esorcismi, Gesù pronuncia allora un rendimento di grazie al Padre, che si rivela ai “piccoli”. Quando Gesù parlava, l’espressione “i sapienti e gli intelligenti” designava le élites religiose di Israele, rabbini e farisei che restavano ciechi di fronte all’annuncio di Gesù. I “piccoli”, invece, erano gli uomini senza cultura, senza competenza religiosa.

5a SETTIMANA DI SAN LUCA

19 – L – S. Gioele profeta – S. Varo martire
Fil. 4,10-23 Lc. 9,18-22

20 – M – S. Artemio megalomartire
Col. 1,1-3a.6b-11 Lc. 9,23-27

21 – M – S. Ilarione il Grande
Col. 1,18-23 Lc. 9,44b-50

22 – G – S. Abercio, pari agli apostoli, vescovo di Gerapoli, taumaturgo – Ss. 7 Fanciulli di Efeso
Col. 1,24-2,1 Lc. 9,49-56

23 – V – S. Giacomo apostolo e ieromartire, primo vescovo di Gerusalemme
Gal. 1,11-19 Mt. 13,54-58

24 – S – S. Areta megalomartire e compagni
2Cor. 3,12-18 Lc. 7,1b-10

10 ottobre 2009

DOMENICA 11 OTTOBRE

IV Domenica di S. Luca
Memoria dei Ss. Padri del VII Concilio Ecumenico


Il VII Concilio Ecumenico fu convocato a Nicea nel 787, su richiesta del papa Adriano I, dall'imperatrice d'Oriente Irene, per deliberare sul culto delle immagini. Il concilio si riunì, sotto la presidenza del patriarca di Costantinopoli Tarasio, nella chiesa dei Santi Apostoli a Costantinopoli nel 786. La maggior parte dei vescovi presenti era iconoclasta, ed una irruzione dell’esercito nella chiesa, applaudita dai vescovi, costrinse l’assemblea a sciogliersi. L’imperatrice Irene allora epurò l’esercito, contrario alle immagini, e per maggiore sicurezza trasferì il concilio a Nicea. Così i lavori ripresero il 28 settembre 787. Ai lavori presenziarono circa 300 vescovi, tutti appartenenti all’Impero, ed un folto gruppo di monaci ed abati. L’Italia meridionale era rappresentata da una quindicina di vescovi, gli unici che non avevano partecipato negli anni precedenti alle lotte iconoclaste. Il papa Adriano I inviò due legati, entrambi di nome Pietro. Degli altri patriarcati, Gerusalemme non poté inviare nessuno, mentre ancora oggi gli storici discutono se i rappresentanti di Alessandria e di Antiochia fossero autorizzati dai loro patriarchi rispettivi. A Nicea si tennero sette sedute, mentre l’ultima ebbe luogo a Costantinopoli, nel palazzo imperiale, ove gli imperatori firmarono solennemente gli atti e le decisioni conciliari (23 ottobre 787). All’inizio del concilio fu letta la lettera del papa Adriano I, che esponeva il punto di vista occidentale a proposito delle immagini sacre. Questa lettera venne applaudita dai padri conciliari. Gli storici fanno notare che gli oppositori al culto delle immagini, che rappresentavano una parte non esigua dell’assemblea, per tutta la durata del concilio non fecero più sentire la propria voce; questo perché all’inizio del concilio, furono posti davanti a una scomoda scelta: o continuare nel sostenere l’iconoclastia, e di conseguenza essere deposti dalle loro sedi episcopali, oppure pentirsi, accettare il culto delle immagini, e solo allora potevano partecipare al concilio, conservando però un saggio silenzio. Il Concilio arrivò ad una definizione che pose chiarezza nei termini e decise la netta differenza tra “venerazione” delle immagini, ammessa, e “adorazione”, assolutamente rifiutata, perché solo Dio può essere adorato. Fu chiarito inoltre che la venerazione delle immagini significa la venerazione delle persone rappresentate e non delle icone materiali in quanto tali.

« Definiamo con ogni accuratezza e diligenza che, a somiglianza della preziosa e vivificante Croce, le venerande e sante immagini, sia dipinte che in mosaico, di qualsiasi altra materia adatta, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, nelle sacre suppellettili e nelle vesti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; siano esse l'immagine del Signore e Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, o quella della immacolata Signora nostra, la santa madre di Dio, degli angeli degni di onore, di tutti i santi e pii uomini. Infatti, quanto più continuamente essi vengono visti nelle immagini, tanto più quelli che le vedono sono portati al ricordo e al desiderio di quelli che esse rappresentano e a tributare ad essi rispetto e venerazione. … L'onore reso all'immagine passa a colui che essa rappresenta; e chi adora l'immagine, adora la sostanza di chi in essa è riprodotto. »

TROPARI
Della Domenica: Quando discendesti nella morte, o vita immortale, allora mettesti a morte l’ade con la folgore della tua divinità; e quando risuscitasti i morti dalle regioni sotterranee, tutte le schiere delle regioni celesti gridavano: O Cristo datore di vita, Dio nostro, gloria a te.

Dei Ss. Padri: Tu sei più che glorioso, o Cristo Dio nostro, tu che hai stabilito come astri sulla terra i padri nostri, e per mezzo loro ci hai guidati tutti alla vera fede: o tu che sei pieno di ogni compassione, gloria a te.

Della titolare della Parrocchia: Nel parto, hai conservato la verginità, con la tua dormizione non hai abbandonato il mondo, o Madre di Dio. Sei passata alla vita, tu che sei Madre della vita e che con la tua intercessione riscatti dalla morte le anime nostre.

Kontakion: Il purissimo tempio del Salvatore, il talamo preziosissimo e verginale, il tesoro sacro della gloria di Dio, è oggi introdotto nella casa del Signore, portandovi, insieme, la grazia del divino Spirito; e gli angeli di Dio a lei inneggiano: Costei è celeste dimora.

EPISTOLA (Tito 3,8-15):
Diletto figlio Tito, questa parola è degna di fede e perciò voglio che tu insista in queste cose, perché coloro che credono in Dio si sforzino di essere i primi nelle opere buone. Ciò è bello e utile per gli uomini. Guàrdati invece dalle questioni sciocche, dalle genealogie, dalle questioni e dalle contese intorno alla legge, perché sono cose inutili e vane. Dopo una o due ammonizioni sta’ lontano da chi è fazioso, ben sapendo che è gente fuori strada e che continua a peccare condannandosi da se stessa.
Quando ti avrò mandato Àrtema o Tìchico, cerca di venire subito da me a Nicòpoli, perché ho deciso di passare l’inverno colà. Provvedi al viaggio di Zena, il giureconsulto, e di Apollo, che non manchi loro nulla. Imparino così anche i nostri a distinguersi nelle opere di bene riguardo ai bisogni urgenti, per non vivere una vita inutile. Ti salutano tutti coloro che sono con me. Saluta quelli che ci amano nella fede. La grazia sia con tutti voi!

VANGELO (Lc. 8,5-15):
Disse il Signore questa parabola: Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. Un’altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono. Un’altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto. Detto questo, esclamò: Chi ha orecchi per intendere, intenda!. I suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola. Ed egli disse: A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perché vedendo non vedano e udendo non intendano. Il significato della parabola è questo: Il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell’ora della tentazione vengono meno. Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione. Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza. Avendo detto queste cose, esclamò: Chi ha orecchie per intendere, intenda.

Commento al Vangelo:
La parabola del seminatore costituisce il perno di un discorso di Gesù che ha per tema la Parola. La parabola non intende descrivere la natura della Parola, ma il suo cammino nell’uomo e nella storia. Il protagonista non è il seminatore, che compare all’inizio (“il seminatore uscì a seminare…”) e subito dopo scompare. Il protagonista è il seme, che è il soggetto di tutte le affermazioni. Viene così raccontata la vicenda del seme, non del seminatore. Ma questa storia è raccontata proprio al seminatore, cioè a colui che annuncia la Parola, non a colui che l’ascolta. Degli ascoltatori, cioè dei terreni nei quali cade il seme, si parlerà dopo, nella spiegazione, non direttamente nella parabola. Dall’evidente insistenza sulla sfortuna del contadino (il seme per ben tre volte non frutta e solo una volta, alla fine, frutta!) si intuisce la situazione in cui Gesù ha raccontato la parabola e la comunità successiva l’ha riletta continuamente: una situazione di insuccesso, in cui la fatica del seminatore appare troppe volte inutile e il fallimento della Parola totale o quasi. Al discepolo predicatore che può sentirsi sfiduciato a causa dei molti insuccessi, la parabola riconosce che gli insuccessi ci sono, anche ripetuti, ma assicura che una parte del seme porterà frutto. Al seminatore è richiesta non soltanto la fede nella verità della parola, ma la fiducia nella sua efficacia. Nella spiegazione che viene data, la parabola sembra cambiare direzione: non più un invito alla fiducia rivolto agli annunciatori del messaggio, ma un avvertimento rivolto a coloro che lo ricevono. La Parola, caduta nel cuore degli uomini, va incontro a vicende diverse. Ci sono uomini che neppure arrivano ad accettarla. Alcuni l’accettano, ma presto l’abbandonano. Altri l’accettano, ma la vita della Parola è in essi perennemente ostacolata. Altri, infine, permettono alla Parola di esplodere in tutta la sua vitalità. Nella spiegazione della parabola Luca sottolinea, a differenza di Matteo e Marco, la quotidianità degli ostacoli all’accoglienza della Parola: non la “persecuzione” (che è sempre un fatto eccezionale), né la “gran sofferenza” (di cui ha parlato Gesù e che avverrà alla fine dei tempi), ma le “prove” comuni, quotidiane. Evidentemente Luca vive un’esperienza ancora più amara di Matteo e Marco: i credenti fuggono non soltanto di fronte alla persecuzione, ma anche di fronte ai problemi della vita di ogni giorno.


4a SETTIMANA DI SAN LUCA

12 – L – Ss. Probo, Taraco e Andronico, martiri
Fil. 2,12-16a Lc. 7,36-50

13 – M – Ss. Carpo e Papilo, martiri
Fil. 2,16c-23 Lc. 8,1-3

14 – M – Ss. Nazario, Gervasio, Protasio e Celso, martiri – S. Cosma poeta, vescovo di Maiumà, cittadino della Città santa
Fil. 2,24-30 Lc. 8,22-25

15 – G – S. Luciano, presbitero della grande Antiochia
Fil. 3,1-8 Lc. 9,7-11

16 – V – S. Longino centurione
Fil. 3,8b-19 Lc. 9,12b-18a

17 – S – S. Osea profeta – S. Andrea in Crisi, martire
2Cor. 1,8-11 Lc. 6,1-10

7 ottobre 2009

14 Ottobre c.a. II° Mercoledì in onore di San Nicola di Mira

Con il II° mercoledì che la Parrocchia della Kimisis dedica in onore di San Nicola di Mira, ha inizio la catechesi per l'anno pastorale 2009-2010 terrà l'omelia catechetica il Rev. don Ferdinando Toia, presbitero della Chiesa di Monreale.

5 ottobre 2009

Mercoledì in onore di San Nicola di Mira

Si avvisano i fedeli che giorno 7 Ottobre c.a. avranno inizio i mercoledì dedicati a San Nicola di Mira, con il seguente orario:

Ore 17,45 Recita del S. Rosario in onore di S. Nicola
Ore 18,15 Divina Liturgia

Avviso celebrazioni per il mese di Ottobre

Giorni Feriali:
ore 17,45 Recita del S. Rosario con il tradizionale canto della litania in lingua albanese
ore 18,15 Divina Liturgia

Giorni Festivi:
ore 9,00 Chiesa di S. Giovanni Battista: Divina Liturgia
ore 11,00 in Parrocchia: Divina Liturgia
ore 17,45 Recita del S. Rosario con il tradizionale canto della litania in lingua albanese
ore18,15 Ufficiatura della Paraclisis