26 FEBBRAIO 2012
I Domenica di Quaresima detta dell’Ortodossia
S. Porfirio, vescovo di Gaza
I Domenica di Quaresima detta dell’Ortodossia
S. Porfirio, vescovo di Gaza
PRIMA ANTIFONA
O Kìrios evasìlevsen, evprèpian enedhìsato, enedhìsato o Kìrios dhìnamin ke periezòsato.
SECONDA ANTIFONA
Exomologhisàsthosan to Kirìo ta elèi aftù, ke ta thavmàsia aftù tis iìs ton anthròpon.
Sòson imàs, Iiè Theù, o anastàs ek nekròn, psallondàs si: Allilùia.
TERZA ANTIFONA
Enesàtosan aftòn i uranì ke i ghi, thàlassa ke pànda ta èrponda en aftì.
Tin àchrandon ikòna su proskinùmen Agathè, etùmeni sinchòrisin ton ptesmàton imòn, Christè o Theòs, vulìsi gar ivdhòkisas sarkì anelthìn en to stavrò, ìna rìsi us èplasas ek tis dhulìas tu ecthrù, òthen evcharìstos voòmen si: charàs eplìrosas ta pànda, o Sotìr imòn, paraghenòmenos is to sòse ton kòsmon.
TROPARI
Della Domenica: To fedhròn tis anastàseos kìrighma ek tu anghèlu mathùse e tu Kirìu mathìtrie, ke tin progonikìn apòfasin aporrìpsase tis Apostòlis kafchòmene èlegon: Eskìlefte o thànatos, ignèrthi Christòs o Thèos, dhorùmenos to kòsmo to mèga èleos.
Della festa: Tin àchrandon ikòna su…
Della titolare della Parrocchia: En ti ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn.
Kontàkion: Ti ipermàcho stratigò ta nikitìria, os litrothìsa, ton dhinòn evcharistìria, anagràfo si i pòlis su, Theotòke. All’òs èchusa to kràtos aprosmàchiton, ek pandìon me kindhìnon eleftèroson, ìna kràzo si: Chère, Nimfi anìmfevte.
EPISTOLA (Eb. 11,24-26.32-40)
Fratelli, per fede Mosè, divenuto adulto, rifiutò di esser chiamato figlio della figlia del faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del peccato. Questo perché stimava l’obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto; guardava infatti alla ricompensa.
E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo, se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti, i quali per fede conquistarono regni, esercitarono la giustizia, conseguirono le promesse, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, trovarono forza dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri. Alcune donne riacquistarono per risurrezione i loro morti. Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione. Altri, infine, subirono scherni e flagelli, catene e prigionia. Furono lapidati, torturati, segati, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati – di loro il mondo non era degno! –, vaganti per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra.
Eppure, tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa: Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi.
VANGELO (Gv. 1,43-51)
In quel tempo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: “Seguimi”. Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nàzaret”. Natanaèle esclamò: “Da Nàzaret può mai venire qualcosa di buono?”. Filippo gli rispose: “Vieni e vedi”. Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità”. Natanaèle gli domandò: “Come mi conosci?”. Gli rispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico”. Gli replicò Natanaèle: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. Gli rispose Gesù: “Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!”. Poi gli disse: “In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo”.
MEGALINARIO
Epì si chèri, kecharitomèni, pàsa i ktìsis, anghèlon to sìstima ke anthròpon to ghènos, ighiasmène naè ke paràdhise loghikè, parthenikòn kàvchima, ex is Theòs esarkòthi ke pedhìon ghègonen o pro eònon ipàrchon Thèos imòn. Tin gar sin mìtran thrònon epìise ke tin sin gastèra platitèran uranòn apirgàsato. Epì si chèri, kecharitomèni, pàsa i ktìsis. Dhoxa si.
MEGALINARIO DI SAN BASILIO IL GRANDE
Tòn uranonfàndora tu Christù, mìstin tu Dhèspotu tòn fostìra tòn fainòn tòn ek Kesarìas ke Kappadhòkon chòras, Vasìlion ton mègan, pàndes imnìsomen.
Al posto di “Idhomen to fos…” e di “Ii to ònoma…” si canta:
Tin àchrandon ikòna su…
OPISTHAMVONOS
O Sovrano Dio nostro, supplichiamo la tua bontà: ascolta i tuoi servi indegni e concedici di arrivare alla fine desiderata di questi giorni di digiuno che tu ci hai concessi per correggerci nell’uso dei beni presenti e guidarci al conseguimento dei premi futuri a cui aneliamo. Spogliaci delle opere delle tenebre e ornaci di quelle della luce: donaci la grazia della penitenza sincera e della preghiera umile a te accettevole. Il nostro Sovrano ancor lui in digiuno e in preghiera risplenda per le vittorie. Per la misericordia dell’Unigenito tuo Figlio col quale sei benedetto insieme con il santissimo, buono e vivificante tuo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli.
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