13 agosto 2012


15 AGOSTO 2012

DORMIZIONE DELLA NOSTRA SANTISSIMA SOVRANA LA MADRE DI DIO E SEMPRE VERGINE MARIA





 “Con quali parole spiegherò il tuo mistero?”, si chiese S. Teodoro Studita parlando della Dormizione della Madre di Dio, “La mia mente è in difficoltà (…): è un mistero insolito e sublime, che trascende tutte le nostre idee. Non trovo nient’altro di simile, cui possa paragonarsi, onde offrirne subito un saggio dalle cose che capitano, ma solo dalle cose che sono sopra di noi. (…) Fu precisamente nel tuo ineffabile parto che mutasti l’ordine della natura: quando mai, infatti, si è udito che una vergine abbia concepito senza seme? Colei che diviene madre partorendo rimane vergine incorrotta, perché Dio era quello che veniva generato. Così nella tua dormizione vitale, differenziandoti da tutti gli altri, tu sola a buon diritto rivesti la gloria della persona completa di anima e di corpo”.
Queste parole possono essere considerate un piccolo saggio dell’importanza e della portata teologica che questa festa riveste nelle Chiese di tradizione bizantina.
La festa dell’Assunta sembra, infatti, essere di origine orientale; resta, tuttavia, incerta e discussa tra gli studiosi sia la località in cui si è sviluppata sia il tempo. Sono state, quindi, formulate delle ipotesi. La più accreditata si fonda sulla notizia riportata da un Lezionario georgiano del sec. VIII, - che, tuttavia, sembra rispecchiare usanze liturgiche di Gerusalemme risalenti ad almeno un secolo prima -, che il 15 agosto si celebrava una festa mariana nella chiesa fatta costruire dall’imperatrice Eudocia nel Getsemani, poiché in questa chiesa veniva indicato il sepolcro della Vergine.
La letteratura apocrifa sul trapasso della Madre di Dio certamente avrà contribuito alla diffusione e all’affermazione di questa festa gerosolimitana. Comunque si ha notizia che fu l’imperatore Maurizio (582-602) ad ordinare la celebrazione di questa ricorrenza in tutto l’impero.
A partire da quest’epoca, infatti, troviamo che i maggiori teologi, poeti, oratori sacri celebrarono le meraviglie di questa memoria tanto da farci intendere che la Dormizione della Madre di Dio era ben presto divenuta la festa mariana più importante della Grande Chiesa bizantina.
Fin dal tempo di S. Teodoro Studita (759-826) fu fatta precedere da un digiuno di 15 giorni, caratteristica tipica delle grandi solennità. Durante questa breve quaresima, non si sa bene da quando, ogni sera viene cantata un’Ufficiatura detta “Paraklisis”, tra le più diffuse e popolari. Il termine “Paraklisis” significa tanto intercessione che consolazione: con questa supplica, infatti, si impetra l’intercessione della Vergine presso il Signore per la guarigione delle anime e dei corpi da ogni genere di mali e si ha la consolazione di essere esauditi per i meriti della Madre celeste.
“Ti sei addormentata, sì”, esclama nello stesso panegirico lo Studita, “ma non per morire; assunta, ma non lasci di proteggere il genere umano”.
Importante è stato, infine, un decreto dell’imperatore Andronico II (1282-1328) con cui l’intero mese di agosto è stato consacrato al mistero della Dormizione e Assunzione della beata Vergine.
Fino a questo momento la terminologia per designare la festa è stata varia, ma è opportuno porre in debito risalto che il termine proprio bizantino per designare la celebrazione è “Koìmesis” (Dormizione). Le motivazioni di questa preferenza ci vengono date da San Giovanni Damasceno: “Come chiameremo questo mistero che ti riguarda?”, dice rivolgendosi direttamente alla Vergine nella prima omelia dedicata a tale solennità, “La chiameremo morte? Sebbene la tua sacratissima e beata anima, secondo le leggi della natura, si stacchi dal perfetto e puro tuo corpo, e il corpo sia affidato secondo la legge comune alla tomba, ciononostante non soggiorna nella morte né è dissolto dalla corruzione. A Colei la cui verginità rimase illibata nel parto, fu custodito incorruttibile il corpo anche nel suo trapasso e fu trasferito in una dimora migliore e più divina non soggetta ai colpi della morte, ma che si perpetua per gli infiniti secoli dei secoli.
Come questo nostro sole che tutto illumina e sempre splende, nascosto per un breve momento dal corpo della luna, sembra sparire, avvolgersi nella caligine e mutare lo splendore in tenebra e tuttavia esso non viene privato della sua propria luce, perché ha in se stesso una fonte eterna rigurgitante di luce, o meglio, lui stesso è fonte di luce inestinguibile, secondo quanto ha stabilito Dio che l’ha creato, così anche tu: fonte perenne della vera Luce, scrigno inesauribile di Colui che ha la vita inesauribile di luce infinita, di vita immortale e di vera felicità, fiumi di grazia, sorgenti di medicamenti, una benedizione perpetua.
Tu sei fiorita come il pomo in mezzo agli alberi del pomario e il tuo frutto è dolce al palato dei fedeli. Pertanto, io non chiamerei morte la tua santa dipartita, ma dormizione o passaggio: meglio, un’entrata nella dimora di Dio”.
Non si tratta, quindi, di un termine tendente a porre in risalto un aspetto anziché un altro della festa, ma di concetto comprensivo tanto della morte che dell’Assunzione.
Compendio di questa rappresentazione sembra essere una breve composizione poetica (exapostilarion, canto di congedo) cantata alla fine della “Paraklisis”, mentre i fedeli si recano a baciare l’icone.
“Apostoli, convenuti da ogni parte della terra nel luogo del Getsemani, prendetevi cura del mio corpo. E tu, mio figlio e mio Dio, prendi il mio spirito”.

PRIMA ANTIFONA

Alalàxate to Kirìo pàsa i ghi, psàlate dhi to onòmati aftù, dhòte dhòxan enèsi aftù.

SECONDA ANTIFONA

Agapà Kìrios tas pìlas Siòn, ipèr pànda ta skinòmata Iakòv.

Sòson imàs, Iiè Theù, o anastàs ek nekròn, psàllondàs si: Allilùia.

TERZA ANTIFONA

Etìmi i kardhìa mu, o Theòs, etìmi i kardìa mu; àsome ke psalò en ti dhòxi mu.

En ti Ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti Kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs, ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn.

TROPARI

Della festa:  En ti Ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti Kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs, ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn

Kontàkion: Tin en presvìes akìmiton Theotòkon, ke prostasìes ametàtheton elpìdha, tàfos ke nèkrosis uk ekràtisen: os gar zoìs Mitèra pros tin zoìn metèstisen o mìtran ikìsas aipàrthenon.

EPISTOLA (Fil. 2,5-11)

Fratelli, abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.

VANGELO (Lc. 10,38-42.11,27-28)

In quel tempo, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille che mi aiuti”. Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”. Mentre diceva questo, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!”. Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”.

MEGALINARIO

E gheneè pàse makarizomèn se tin mònin Theotòkon. Nenìkinde tis fìseos i òri en si, Parthène àchrande: parthenèvi gar tòkos ke zoìn promnistèvete thànatos. I metà tòkon Parthènos, ke metà thànaton zòsa, sòzis aì, Theotòke, tin klironomìan su.

KINONIKON

Potìrion sotirìu lìpsome, ke to ònoma Kirìu epikalèsome. Allilùia.

Al posto di “Idhomen to fos…” e di “Ii to ònoma…” si canta:

Apòstoli ek peràton, sinathristhèndes enthàdhe, Ghetsìmanì to chorìo, kidhevsatè mu to sòma; ke si Iiè ke Theè mu, paralavè mu to pnèvma.

OPISTHAMVONOS

Christè o Theòs imòn, o dhià thanàtu tin afthoròn su Mitèra ek zoìs pros zoìn tin akìraton metastìsas, ke tafìsan aftìn tis en tàfo dhiafthoràs ipèr lògon ipsilotèran ergasàmenos, ke pros kidhìan aftìs tus sus Apostòlus pandachòthen sinagagòn, aftòs, tes presvìes aftìs, pàndas imàs tus tin aftìs eortàzondas metàstasin lìtrose pàsis nekràs ennìas ke pràxeos, ke pàsis psichikìs dhiafthoràs elefthèroson, tu tis apognòseos thanàtu dhiàsoson, ke tu tis apistìas ke kakopistìas mnìmatos dhiafìlaxon; ke tis pistìs vasilèfsi pàsan epivulìn ke tirannìda katakìmison, ke pàsan varvàron thrasìtita nèkroson, ke pàndon ton epanistamènon to so kirìgmati ta friàgmata tapìnoson; ke pàndas tis eonìu zoìs kataxìoson, òti pàndas anthròpus thèlis sothìne, ke prèpi si dhòxa, sin to anàrcho su Patrì, ke to panaghìo ke agathò ke to zoopiò su Pnèvmati, nin ke aì, ke is tus eònas ton eònon.

APOLISIS

O Anastàs ek nekròn Christòs o alithinòs Theòs imòn, tes presvìes tis panachràndu ke panamòmu aftù Mitròs is tin Kìmisin ke tin is uranùs metàstasin eortàzomen..................

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