19 dicembre 2009

20 DICEMBRE 2009
Domenica prima del Natale
Dei Ss. Padri da Adamo fino a Giuseppe, sposo di Maria Vergine
S. Ignazio teòforo, ieromartire

TROPARI

Della Domenica: To fedhròn tis anastàseos kìrighma ek tu anghèlu mathùse e tu Kirìu mathìtrie, ke tin progonikìn apòfasin aporrìpsase tis Apostòlis kafchòmene èlegon: Eskìlefte o thànatos, ignèrthi Christòs o Thèos, dhorùmenos to kòsmo to mèga èleos.

Della Proeòrtia: Etimàzu Vithleèm, ìnikte pàsin i Edhèm; evtrepìzu efrathà. Òti to xìlon tis zoìs en to spilèo exìnthisen ek tis Parthènu. Paràdhisos ke gar i ekìnis gastìr edhìchthi noitòs, en o to thìon fitòn ex u fagòndes zìsomen, uchì dhe os o Adhàm tethnixòmetha. Christòs ghennàte, tin prin pesùsan anastìson ikòna.

Dei Ss. Padri: Megàla ta tis pìsteos katorthòmata! En ti pighì tis flogòs, os epì ìdatos anapàvseos, i Àghìi trìs Pèdhes igàllondo; ke o Profìtis Daniìl leòndon pimìn os provàton edhiknìto. Tes aftòn ikesìes, Christè o Theòs, sòson tas psichàs imon.

Della titolare della Parrocchia: En ti ghennìsi tin parthenìan efìlaxas, en ti kimìsi ton kòsmon u katèlipes, Theotòke. Metèstis pros tin zoìn, Mìtir ipàrchusa tis zoìs ke tes presvìes tes ses litrumèni ek thanàtu tas psichàs imòn.

Kontàkion: I Parthènos sìmeron ton proeònion Lògon en spileò èrchete apotekìn aporrìtos; Chòreve i ikumèni, akutisthìsa dhòxason metà Anghèlon ke ton Pimènon vulithènda epofthìne Pedhìon nèon, ton proèonon Thèon.

EPISTOLA
(Eb. 11,9-10.32-40)

Fratelli, per fede Abramo, soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta il cui architetto e costruttore è Dio stesso. E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo, se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti, i quali per fede conquistarono regni, esercitarono la giustizia, conseguirono le promesse, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, trovarono forza dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri. Alcune donne riacquistarono i loro morti risuscitati. Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione. Altri, infine, subirono scherni e flagelli, catene e prigionia. Furono lapidati, torturati, segati, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati – di loro il mondo non era degno! –, vaganti per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra. Eppure, tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa: Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi.

VANGELO (Mt. 1,1-25)

Libro della genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf, Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle, Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici. Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì il figlio primogenito, che egli chiamò Gesù.

MEGALINARIO

Megàlinon, psichì mu, tin timiotèran ke endhoxotèran ton àno Stratevmàton. Mistìrion xènon orò ke paràdhoxon: uranòn to spìleon; thrònon cheruvikòn tin Parthènon; tin fàtnin chorìon en o aneklìthi o achòritos Christòs o Thèos; on animnùndes megalìnomen.

OPISTHAMVONOS

O Dio dei santi e beati Padri nostri Abramo, Isacco e Giacobbe, salvezza dei martiri e gloria dei giusti, corona di tutti coloro che sin dall’inizio dei secoli hanno incontrato il tuo beneplacito, i tuoi Santi, concedici la grazia di celebrare la loro memoria e di entrare a far parte dei loro patimenti. Poiché sei tu che hai fatto grazia ai tuoi Santi e ai tuoi Martiri di combattere il buon combattimento, di percorrere la via della pietà e di custodire fino alla fine la fede professata, concedici di entrare nella loro schiera e nella loro eredità, affinché imitandone l’esempio, diveniamo degni di godere insieme dei beni di cui essi sono ora in possesso. Signore, per le preghiere e le suppliche dell’Immacolata Vergine Santa, dei santi e gloriosi tre fanciulli Anania, Azaria e Misaele e del beatissimo profeta Daniele insieme a tutti i tuoi Santi, usaci misericordia e sii nostro aiuto: concedici la grazia di celebrare con l’anima purificata la festività natalizia di Cristo Dio nostro, assistiti dal vivificante tuo Spirito. Poiché ogni gloria, onore e adorazione si addice a Te, Padre, Figlio e Spirito Santo, ora e sempre, e nei secoli dei secoli.

Al posto di “Ii to ònoma…” si canta:

Christòs ghennàte dhoxàsate; Christòs ex uranòn, apandìsate; Christòs epì ghis, ipsòthite. Àsate to Kirìo, pàsa i ghi, ke en effrosìni animnìsate, laì, oti dhedhòxaste.
Commento al Vangelo:

La genealogia con la quale Matteo apre il suo racconto suscita nel lettore un’impressione negativa: si direbbe una pagina arida e inutile, quindi da saltare. In realtà Matteo intende comunicarci profondi insegnamenti teologici, espressi però con il linguaggio di un’antica comunità giudeo-cristiana. L’intenzione vera delle genealogie bibliche non è tanto quella di offrire un rapporto di discendenza, quanto quella di tracciare, attraverso aridi nomi e in modo scheletrico, una storia che continua. Il centro di interesse che guida Matteo nel costruire questa pagina è Gesù, e precisamente in quanto figlio di Davide. Questo nel contesto di una polemica con i giudei, gli echi della quale sono rimasti nel Vangelo di Giovanni (7, 41-43): “Alcuni dicevano: è il Messia! Ma altri ribattevano: il Messia viene forse dalla Galilea? La Scrittura non afferma che il Messia viene dal seme di Davide, e da Betlemme, il villaggio di Davide? Ci fu dunque dissenso tra la folla per causa sua”. Con la genealogia, quindi, Matteo intende affermare che Gesù è figlio di Davide (tramite Giuseppe che lo adottò legalmente), ma nello stesso tempo ci fa capire che Gesù è molto di più. Difatti nel v. 16 (“Giacobbe generò Giuseppe, sposo di Maria, dalla quale fu generato Gesù, chiamato il Cristo”) Matteo introduce un’evidente rottura nella genealogia. Lo schema rigido (il tale generò il tale) che l’evangelista ha finora scrupolosamente osservato, qui viene spezzato: la generazione è sottratta a Giuseppe e il verbo non è più all’attivo (generò) ma al passivo (fu generato): chi è il generatore? La risposta ci verrà data più avanti, nel racconto della nascita. Per ora ci basti vedere come la linea del sangue venga ridimensionata ed è accompagnata dalla linea dell’elezione: è questa ciò che conta. Gesù non è solo figlio di Davide, ma viene da Dio. La genealogia è divisa in tre blocchi di 14 nomi ciascuno e i capisaldi di questa triplice divisione sono Abramo, Davide e l’esilio. Il nome Abramo evoca l’elezione e l’apertura universale di Dio, cioè un progetto di salvezza che non è legato al sangue ma che si estende a tutti. Il re Davide evoca, invece, lo splendore del regno e le speranze messianiche ad esso legate. Ciò che Abramo e Davide rappresentavano, ora si compie in Gesù. Ma il passaggio tra Davide e Gesù non è immediato: c’è l’esilio che segnò la fine della casa di Davide come grandezza politica. Gesù è un re senza corona, nessun cedimento a un progetto messianico politico e restauratore. Il numero 14 è un evidente tentativo simbolico-numerico di Matteo per mostrare la perfezione (il numero tre) e la pienezza (il numero sette) del piano di salvezza che Dio porta a compimento in Cristo. La genealogia, infine, menziona quattro donne, e questo è qualcosa di insolito che va spiegato. Potrebbe darsi che Matteo abbia voluto ancora una volta mettere in luce l’universalismo della nuova Alleanza, già prefigurata nella discendenza del Messia (le donne sono infatti straniere): il Cristo viene dall’umanità, non solo da Israele. Potrebbe anche aver voluto farci notare che la salvezza è offerta non solo ai giusti, ma anche ai peccatori (le donne nominate si ricollegano a situazioni di peccato) e che, comunque, il Cristo è solidale con la storia degli uomini, una storia non di santi ma di peccatori. Potrebbe, infine, aver voluto sottolineare che il disegno di Dio finisce sempre col compiersi, anche se, a volte, per vie sconcertanti. Le tre ipotesi non si escludono. Tamar ebbe tramite inganno un’unione incestuosa col suo genero Giuda. Raab era la prostituta di Gerico che offrì rifugio alle spie di Israele. Rut era una moabita, quindi straniera, che entrò a far parte della comunità israelitica. Betsabea era la moglie di Urìa e la compagna di adulterio di Davide. Dunque, la promessa di Dio si realizza a dispetto degli uomini, per vie sconcertanti e impensate. Accanto alla linea del sangue, prevedibile, c’è la linea della sorpresa e dell’elezione: accanto al popolo giudaico c’è quello degli stranieri. In definitiva, il Cristo non è frutto della volontà degli uomini ma della volontà di Dio che sa procedere anche quando gli uomini vorrebbero sbarrarle la strada. Giuseppe è chiamato “giusto” perché da una parte è desideroso di osservare la legge (che obbligava il marito a sciogliere il matrimonio in caso di adulterio: Maria, infatti, era incinta) e, dall’altra, mitiga con la magnanimità il rigore della legge (evita di esporre sua moglie alla pubblica diffamazione). Ma Giuseppe è anche “giusto” perché constatando una presenza di Dio, una economia superiore, si ritira di fronte ad essa, senza pretese. “Giusto” ha così il senso tipico di Matteo, cioè accettazione del piano di Dio anche là dove esso sconcerta il proprio. Tenendo presente questo senso che Matteo dà al termine “giusto”, possiamo concludere che l’annuncio dell’angelo non ha come oggetto il concepimento verginale, che Giuseppe già conosceva (e che costituiva appunto il motivo per cui pensava di ritirarsi nell’ombra). Ma l’oggetto è invece di fargli conoscere il compito che lo attendeva, cioè quello d’imporre il nome al bambino e assumerne la paternità legale. La nascita di Gesù è collocata all’interno del grande disegno divino della salvezza, già annunziato ai profeti e già in atto nella prima alleanza con Israele: questo è lo scopo della citazione di Isaia (7,14) che Matteo colloca a questo punto del racconto. Non per nulla il nome di Gesù rimanda al verbo ebraico “salvare”, come puntualizza l’angelo, e a lui si adatta in pienezza il titolo di Emmanuele, cioè Dio-con-noi. L’espressione “Dio con noi” la ritroveremo alla fine del Vangelo di Matteo: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (28,20). Cristo è presente nella Chiesa e conti-nua ad essere il Dio con noi. Non solo è presente nella comunità, ma è il salvatore e il sostegno della comunità. Il vangelo di Matteo non perde occasione per dirci i luoghi privilegiati della presenza del Risorto: nella comunità radunata nel suo nome, negli apostoli missionari, nei fratelli bisognosi, nella chiesa che predica. All’interrogativo “chi è Cristo?” Matteo risponde: Gesù è il Figlio di Dio, perché è nato dallo Spirito, è un dono dall’alto e non solo dalla discendenza Davide. Egli viene da Davide, ma attraverso una via di elezione che supera quella del sangue. In lui avviene un compimento nuovo, inatteso e per molti deludente: quello della Croce.

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